Servitù di parcheggio tra commoditas e utilitas: il nuovo orientamento della Cassazione

La servitù prediale è la limitazione posta al godimento di un fondo (detto fondo servente) per l’utilità di un altro fondo (fondo dominante), appartenente a un proprietario diverso. Tale diritto reale coinvolge anche la persistente ed attuale problematica della carenza di parcheggi nei centri abitati. Infatti, la servitù così come prevista dall’art.1027 c.c., è configurabile anche come servitù di parcheggio.

Con sentenza n.7561/2019 la Suprema Corte ha così statuito che non sussiste alcun ostacolo di ordine concettuale alla previsione di una servitù di parcheggio.

La vicenda trae origine dalla contestazione da parte di una società contro un’altra della ritenuta illegittima occupazione di quattro posti auto in uno spazio scoperto, suddiviso in 27 posti; la convenuta, invece, aveva eccepito l’acquisto del diritto di parcheggio in base a una convenzione stipulata nel 1979 con l’allora proprietaria o, in subordine, per intervenuta usucapione.
Tribunale e Corte d’Appello accoglievano la domanda ordinando il rilascio dei posti auto, sostenendo che nel nostro ordinamento non è configurabile una servitù di parcheggio mancando il requisito della realità, poiché, in tali ipotesi, l’utilitas non è riferibile ai fondi, ma alle persone che esercitano il diritto.
In particolare, i giudici avevano sostenuto che tale diritto non era “sorto per usucapione perché non è configurabile né la servitù di parcheggio né, quindi, il relativo possesso” e, dunque, le parti avevano costituito un diritto reale di uso disciplinato dal codice civile, non trasmissibile ai successivi acquirenti in mancanza di una deroga pattizia al divieto contemplato dall’art. 1024 c.c..

Gli Ermellini, con la citata recente sentenza, cambiano rotta rispetto ai giudici di merito e seguono il filone giurisprudenziale che ammette la configurabilità di una servitù di parcheggio: il contratto può prevedere che l’utilitas venga istituita a vantaggio del fondo dominante (per la sua migliore utilizzazione) ed a carico del fondo servente. 
Di conseguenza, la servitù di parcheggio sarebbe configurabile ove le parti abbiano inteso costituire un vantaggio a favore del fondo dominante ed a carico di quello servente. 
In questo caso, la servitù sarebbe del tutto legittima così come legittima sarebbe la sua trasmissibilità ai successivi acquirenti delle singole porzioni immobiliari facenti parte del fondo dominante. 

Pertanto, secondo la Cassazione, qualunque utilità “che si concretizzi in un vantaggio per il fondo dominante, in relazione alle caratteristiche e alla destinazione del diritto, può assumere carattere di realità (ex multis Cass. 16698/2017; Cass. 10370/1997; Cass. 832/1993; Cass. 9232/1991)”.

In conclusione, la Suprema Corte ha ritenuto che fosse una mera questio facti stabilire, in base all’esame del titolo, se le parti abbiano inteso costituire una servitù o un diritto meramente obbligatorio, non sussistendo alcun ostacolo di carattere concettuale ad ammettere che il diritto parcheggio sia strutturato secondo lo schema dell’art. 1027 c.c..

Condividi