Risarcimento del danno patrimoniale

“Anche il legame parentale fra nonno e nipote consente di presumere che il secondo subisca un pregiudizio non patrimoniale in conseguenza della morte del primo (per la perdita della relazione con una figura di riferimento e dei correlati rapporti di affetto e solidarietà familiare) e ciò anche in difetto di un rapporto di convivenza, fatta salva, ovviamente, la necessità di considerare l’effettività e la consistenza della relazione parentale ai fini della liquidazione del danno”. (Cass. 29332/17)

 

Tizio muore a causa di un incidente stradale provocato da Caio, conducente nonché proprietario della vettura in questione. Due giorni dopo il sinistro, la moglie di Tizio, Sempronia, la figlia convivente Mevia, in proprio e in nome e per conto della figlia minore Caietta e il figlio non convivente Caietto, in proprio e in nome e per conto del figlio minore Mevio, agivano in giudizio nei confronti di Caio e della sua compagnia assicuratrice al fine di ottenere il risarcimento del danno. Il Tribunale di Milano accertava la responsabilità del conducente nell’aver causato il sinistro (fatto salvo un concorso colposo del 10 % di Tizio) e condannava i convenuti al risarcimento del danno non patrimoniale in favore della moglie di Tizio, dei figli, nonché della nipote Caietta, convivente con il nonno deceduto. Negava, al contrario, il risarcimento ai nipoti non conviventi.
Inoltre, il Tribunale riconosceva alla vittima e ai due figli il risarcimento del danno non patrimoniale iure hereditatis mentre negava il risarcimento del danno patrimoniale. La Corte di Appello di Milano confermava la sentenza di primo grado. I ricorrenti nel giudizio di primo grado proponevano così ricorso per cassazione.
In prima istanza, la Corte ritiene inammissibile il primo motivo di ricorso, in base al quale la moglie del defunto chiedeva il risarcimento del danno patrimoniale in ragione dell’apporto che il defunto aveva dato nel corso della sua vita alla società di cui egli era socio accomandatario. Assumevano i ricorrenti, infatti, che la Corte non avesse tenuto conto dei maggiori costi sostenuti dai congiunti nell’affidare la gestione dell’impresa a terzi in seguito alla morte del loro caro. Tuttavia, gli Ermellini hanno ritenuto che la documentazione dei costi aziendali non costituisse prova sufficiente a dimostrare il danno-conseguenza, in quanto non non v’è dimostrazione circa l’apporto concreto fornito dal defunto, ormai settantenne, nella produzione del reddito dell’azienda.
Al contrario, la Corte ritiene fondato il secondo motivo di appello, nella parte in cui viene ritenuto sussistente il diritto al risarcimento non patrimoniale in capo ai nipoti non conviventi con il nonno. Infatti, si deve riconoscere il rapporto tra nonno e nipote come “legame presunto che legittima il risarcimento per la perdita familiare”, a prescindere dal rapporto di convivenza. La Corte statuisce che “in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione”, proposta iure proprio dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare”, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto” (Cass. n. 21230/2016).
Si deve perciò ritenere che anche il rapporto nonno-nipote, sebbene non sussista convivenza, debba comunque considerarsi motivo valido per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale.
Rimane ferma, in ogni caso, la necessità di considerare l’effettività e la consistenza della relazione parentale ai fini della liquidazione del danno, sulla base delle allegazioni fornite e provate dall’attore.
Infine, vengono ritenuti inammissibili gli altri motivi di ricorso che lamentano il mancato integrale risarcimento del danno rispettivamente subito dalla nipote convivente e dal figlio nonché il mancato integrale risarcimento del danno non patrimoniale iure hereditatis, dal momento che postulano statuizioni di merito le quali esulano dalla competenza della Corte di Cassazione, se congruamente e logicamente motivate dai giudici di merito.

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