Acquisto beni immobili: presupposti di esclusione della comunione legale

Con ordinanza n. 7027/2019 la Suprema Corte si è pronunciata in materia di acquisto di immobile dopo il matrimonio da parte del coniuge con denaro personale, e dei relativi profili legati al regime di comunione legale dei beni.

La vicenda trae origine dall’acquisto di alcuni immobili ad uso commerciale e di un appartamento da parte della moglie dopo il matrimonio; nel caso di specie, essendo i medesimi stati acquistati con suo denaro personale, veniva previsto nell’atto di acquisto che fossero esclusi dalla comunione legale, ai sensi dell’art. 179, lett. f), c.c.

Successivamente il Tribunale dichiarava il fallimento della società di cui il marito dell’attrice era socio unico illimitatamente responsabile e il curatore del fallimento, previa autorizzazione del giudice, trascriveva la sentenza di fallimento sugli immobili, in base al presupposto secondo cui la partecipazione al contratto del coniuge non acquirente ed il suo assenso all’acquisto personale in favore dell’altro coniuge, non fossero elementi sufficienti ad escludere l’acquisto della comunione legale.

La moglie decideva così di convenire in giudizio il curatore e di ricorrere in Cassazione, dopo che nei primi due gradi di giudizio la sua istanza era stata rigettata.

Con la citata ordinanza n. 7027/2019, la Suprema Corte interviene chiarendo i presupposti di esclusione della comunione legale.

In particolare, si sottolinea che nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei due coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente si pone come condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’esclusione del bene dalla comunione, in quanto a tal fine occorre non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall’art. 179, comma 1, c.c..

In conseguenza di ciò, l’eventuale inesistenza di tali presupposti può essere fatta valere con una successiva azione di accertamento negativo.

Proprio nel caso in esame, la domanda di accertamento formulata dalla ricorrente implicava necessariamente l’accertamento della sussistenza dei presupposti di fatto dell’esclusione dei beni dalla comunione, poiché non è sufficiente, ai fini di escluderne l’inclusione nella comunione legale, la mera dichiarazione contenuta nell’atto di vendita.

Sulla base di quanto esposto, gli Ermellini rigettano quindi il ricorso.

 

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